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Le BiELLE RECENSIONI
Stefano Giaccone: "Tras os montes"

Echi di DeAndré ed empito civile: una cannonata alla mediocrità
di Leon Ravasi

Questo è uno di quei magnifici dischi che ogni tanto capita di sentire ed ascoltandoli si resta turbati di fronte alle possibilità non sempre esplorate della musica e delle canzoni. E non esplorate per voglia o per errore, ma comunque volontariamente. Sì, lo so: è inevitabile che si alzerà qualcuno, l'idiota di turno, a dire "sì, bello, ma che palle!". Sbaglierà due volte: una per essersi alzato, l'altra per non aver capito che parlare di politica si può, parlare di società si può e contemporaneamente si possono fare canzoni valide, interessanti, intense e dotate di una forza interiore che altri se le scordano! Insomma Stefano Giaccone ha fatto l'ennesimo bel disco, questo ancora più centrato delle sue ultime e sempre dignitosissime prove: un disco che emoziona, interessa, fa pensare. E scusate se è poco ...

Sono 11 brani, per la maggior parte sua, ma con l'ospitalità ad un brano di Marco Peroni ed Edoardo Cerea ("Senza sicura"), un'altro dei 24 Grana ("La neve") e uno che è la versione italiana di un brano di John Doe ("Tuo per sempre"). Il disco è eminentemente chitarristico, con piccoli interventi di sax e di piano che afferrano l'anima e la trascinano sull'asfalto fino a farla sanguinare. Stefano Giaccone non va preso né a piccole dosi, né con animo leggero. Non è tra noi per cantarci storie consolatorie o tranquille, ma il suo ruolo è quello dell'agitatore di anime. Un ruolo che gli pare ritagliato addosso.

L'album è stato registrato in Galles e l'arrangiamento dei brani è stato curato dal compositore, arrangiatore, chitarrista e polistrumentista Dylan Fowler, un nome noto nel campo folk-jazz internazionale. Il disco è stato sostanzialmente registrato in presa diretta in un vecchio mulino immerso nella foresta delle Black Mountains. L'idea, ampiamente realizzata si può dire a posteriori, era quella di dare l'idea di un suono da piccola stanza, da piccolo club. Pochi strumenti, ma qua e là emerge ora un violino, ora una tromba e poi, sempre presente il contrabbassista Nathan Thomson, australiano. A rafforzare la magia de brani ogni tanto si aggiunge, sullo sfondo la voce eterea ma presente di Tea Hozdic.

Un dato che colpisce nel disco, e positivamente, è la sua unitarietà. Non è un concept e non ha neppure temi comuni, ma è un disco che ha un "tono" comune, un suono e un mood unitari. Tempi rilassati e spazio tra i suoni per capire bene le parole che meritano sempre di essere ascoltate. E' come un lavoro classico dei cantautori storici: i brani vanno ascoltati e le storie vanno vissute, a partire dalla prima "Canzone per Bea", dedicata a un amica suicida, fino all'ultima "Se guardo bene" che ha tutta l'aria di una poesia musicata. Stefano Giaccone parla di cose pesanti, ma, in effetti il mondo, se lo guardiamo bene, è un luogo difficile. "Se guardo bene / il quadro è sempre stato lì/ un po' storto e un po' sbiadito / e forse anche le bandiere / erano fine, dipinte. // Se guardo bene / c'è che non posso spostarmi sempre / per scansare i delfini naufragrati / che se l'autunno ha preso piede / si faccia solo quello che ci conviene".

Non c'è remissione, non c'è pietà lungo gli undici brani: se il calice è amaro, sarà necessario che ce le vuotiamo tutto fino in fondo. "Quel giorno" è una lucida analisi del mal di vivere, espressa con una maestria di suoni disidratati degni dei Green on red o del migliore James McMurtry. Ballata lenta su testo lirico per una sofferenza a portata di dita, in cima a ogni corda di chitarra: "E arriva quel giorno in cui capisci il silenzio / giorni bruciati e il colore rimasto è il nero / E arriva quel male di alzarsi il mattino / e pensare che il numero è zero". Basta averlo provato per sapere che è vero e che è dolore allo stato puro.

"Canzone con dito medio" è puro De André; è la sua personale "Domenica delle salme". Ce n'è per tutti. E la voce spazia davvero tra quei toni bassi e caldi che fanno tanto Fabrizio. L'empito civile e l'urgenza del dire fanno il resto. "La parola "Pace" offesa ai balconi / si fa ricordo di un verso / si fa ricordo di un monito oscuro". Essenziale. Necessaria.

"Nessuno chieda" è canzone politica fino al midollo. Lungo una tradizione che va da Joe Hill a Woody Guthrie a Ivan Della Mea: "Nessuno chieda il permesso di entrare / in una morte a vent'anni / nè sbirri né targhe o canzoni / solo quel corpo tra gas e gipponi / e quell'anima nera di noi italiani / l'impero del duceo l'impero delle televisioni". Carlo Giuliani, Genova e tutti quelli che c'erano ringraziano ancora. Pregnante. Militante. Orgogliosa. Resistente.

Potrebbe sembrare che "Ridere" si conceda davvero una pausa, ma non è così. Stefano Giaccone è cantante che non sorride. Come Massimiliano Larocca è uno che ci crede, come Alessio Lega è uno che vuole schierarsi e dalla parte giusta. La musica concede però sì una pausa, un piccolo spostamento verso ritmi più rock e meno blues, per quanto si possano applicare queste categorie elementari: "Oggi c'è caldo, oggi c'è vento / le strade son piene di speranze malspese / di immondizia e di cuori, di bestemmie e sirene". Pausa, ma col coltetto tra i denti.

"Morecambe bay" è ancora pura canzone politica, dedicata a un fatto di cronaca: la morte il 9 febbraio 2004, quando 21 immigrati di origine cinese muoiono affogati in Gran Bretagna, a Morecambe Bay, mentre raccolgono i frutti i mare per i ristoranti di lusso della costa. "La vita di un uomo, la vita di una donna è leggera / la trovi in silenzio / la trovi annegata / nel più svenduto dei giorni /e va a picco come sasso gettato / come miseria". Triste. Di cartavetra. Scabrosa e limpida.

"La quinta scusa / segue il terzo addio tra i denti/ la grammatica del vento / gioca nel tuo cortile d'assente". E' tutto testo la "Falsa cronaca dell'abbandono". La musica è appena un accenno. Un piano languido si appoggia alla notte, la voce raddoppia. E nello sfumare del ritornello "Semplice, se ne vuoi / tenebre te ne vai" sale il pieno orchestrale, fino alla fine dei 5 minuto della canzone.

Le tre cover vivono tutte sotto lo stesso tetto: tra l'ottava e la decima posizione. "Senza sicura" è forse il brano che meno convince. Tutto sommato un po' risaputo sia nella musica che nel testo. Passiamo oltre? No, perché comunque ha una sua dolcezza e una tranquillità di fondo che si fanno seguire. "Tuo per sempre" è invece su un'altro piano. E' una cover, ma, meglio, la traduzione di una canzone di John Doe. Ed è bellissima! Una delle perle del disco. La canzone da cui non si può solo passare senza fermarsi. E' un viale a due corsie da percorrere in macchina, da un capo all'altro, coi finestrini abbassati a guardare i piccoli fiori che iniziano ad aprirsi sugli alberi. Fiori bianchi e fiori rosa che sfidano la pioggia per mostrarsi al meglio. Violini d'acqua e armonie di pianto: "Scrivimi cara / due parole per me / fami un disegno / dimmi dove sei / ti penso dove sei / tuo per sempre / risponderò".

"La neve"
è invece incredibilmente Luigi Tenco, più tenchiana di Luigi Tenco. E' un brano dei 24 Grana che Giaccone fa suo con totale aderenza. "Mi sono innamorato di queste canzoni, diversissime tra loro e le ho interpretate" dice Giaccone, come se fosse facile o naturale. Ma bisogna crederci e qui il sax e il sapiente tocco degli altri strumenti sanno creare un'atmosfera che potrebbe anche essere oggi, più facilmente un ieri. La foto della neve, in ogni caso è naturalmente un bianco e nero.

Sono canzoni emotivamente intense, intime, raccolte. "Tras os montes", titolo sibillinamente in portoghese (Pessoa?) che segue di poco il disco dei Franti dal titolo in spagnolo ("Estamos en todas partes") per questo apolide della musica. Canzoni da ascoltare in silenzio, pensandoci, prendendosi 49'27" di pausa per darsi tutto il tempo necessario per farsi pervadere da musica e parole, per lasciare entrare le emozioni e per trovare la strada e la mappa del cuore di Giaccone. Canzoni da sorseggiare, che richiedono tempo, che richiedono calma e attenzione e la voglia di capire. Fatelo. Non ve ne pentirete. E' uno dei migliori dischi che potrete ascoltare quest'anno.


Stefano Giaccone
"Tras os montes"

La locomotiva/ Venus - 2006
Nei negozi di dischi

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Ultimo aggiornamento: 02-04-2006

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