Fado?
Sì, ma sardo. Un meraviglioso disco perduto
di Giorgio Maimone
Che
magnifico disco di fado! E che lingua melodiosa il portoghese! E
che grande interprete stiamo ascoltando! Tutto vero. Tranne che
la lingua che stiamo ascoltando è il sardo (melodioso come
il portoghese), che la grande interprete è sarda a sua volta
e che risponde al nome già praticato di Marisa Sannia e che,
sì, in fin dei conti di fado si tratta, anche se un po' sui
generis. Il dato più rilevante però è un altro:
questo disco, che tradotto suona come "la voce del vento e
del mare" è in circolazione dal 1993 e nessuno è
riuscito a farcelo sapere, ascoltare, assaporare, se non banalmente
il caso.
Eppure, senza nemmeno aver troppo tema di smentite, si tratta di
uno dei dischi più belli sentiti negli ultimi anni, uno di
quelli che, senza nemmeno aver bisogno di pensarci molto, avrei
schiaffato tra gli "indimenticabili" di questa o di un'altra
stagione. E, perché anche la fortuna, come è noto,
deve avere dei limiti, bisogna anche specificare che la versione
che ho tra le mani è un "parente povero" della
versione originaria, che comprendeva, oltre alle 11 canzoni riportate
qui dentro, tratte dalle liriche del poeta sardo Antioco Casula
"Montanaru", rielaborate da Marisa Sannia e Francesco
Masala su musiche della stessa Sannia, anche la riproduzione a stampa
di un'opera dell'artista Maria Lai, un "multiplo" contenente
versi di Montanaru scritti a mano e impreziositi da fili cuciti
dall'artista, all'interno di un cofanetto in cartone telato, quello
di cui sopra è riportata la copertina.
Il disco in mio possesso è invece una riedizione successiva,
dalla copertina molto scarna (che riporto qua sotto) che è
uscito una decina di anni dopo la versione originale e che navigando
sui fragili vascelli del caso, è riuscito ad arrivare fino
a me. Ecco comunque la copertina della versione che si può
ancora trovare in circolazione, fruando bene negli scafffali secondari
dei migliori negozi e soprattutto nei negozi virtuali su internet.
L'operazione
qui, completament godibile anche di per sé, ha anche un cote
culturale di tutto rispetto: Antioco Casula è un poeta lugodorese
del primo '900 ("Montanaru" è il suo soprannome),
classico poeta contadino della Barbagia, con istruzione appena elementare,
ma autore di quattro libri di liriche usciti tra il 1904 e il 1950
e Maria Lai è una delle principali artiste sarde contemporanee
di arti visive, in particolare applicare sul paesaggio e su vasta
scala. Marisa Sannia, infine, qualcosa bisognerà dirlo anche
su di lei, è una "signora della canzone italiana":
ha avuto il suo periodo di splendore sul finire degli anni '60,
interpetando brani come "Casa bianca" o "C'è
chi spera" o "Sarai fiero di me". Poi un primo distacco
dal mondo della musica leggera e un ritorno in veste di cantautrice
con un album ("La pasta scotta" - 1976) di cui, chi ha
potuto ascoltarlo, ne ha parlato molto bene.
Altro
silenzio (pur non assoluto, un album dedicato a Sergio Endrigo,
introvabile e valutato fino a 80 euro sul borsino dei dischid a
collezione, teatro, cinema, traduzioni di Manel Serrat) e nel 1993
arriva, in anticipo sui tempi, la svolta etnica e la riscoperta
della Sardegna con l'album in questione "Sa oghe de su entu
e de su mare", destinato a non restare opera unica: infatti
nel 1997 esce "Melagranada", album di cui ora sono disperatamente
in caccia, che dovrebbe proseguire e approfondire il discorso di
"Sa oghe" e, infine, nel 2003 esce "Nanas et janas",
una raccolta di ninne nanna e filastrocche in lingua sarda che va
a completare il "trittico isolano".
Per ora resta questa opera dai testi densi e imperscrutabili (ma
sul sito si trovano le traduzioni). Si apre con "It'est
sa poesia": "Cos'è la poesia? / E'
la bella immagine lontana vista e mai raggiunta / Un desiderio,
uno sguardo / un raggio di sole alle finestra / Cos'è la
poesia? / il dolore, la gioia, la speranza / la voce del vento e
del mare", che è e resta assolutamente un fado!
Magicamente orchestrato da Marco Piras che ha a
sua volta avuto un passato glorioso nel beat degli anni '60 con
i Bertas, un gruppo sardo di ottime qualità,
autore tra l'altro di un piccolo hit come "Fatalità"
e suonato da Pinuccio Cossu e Marco Piras alle chitarre, Gilda Dettori
all'arpa, Angelo Nappi al violoncello, Francesco Pilu alla fisarmonica,
Bruno Piccinnu alle percussioni e ancora Marco Piras alle tastiere,
oltre a diversi cori, il disco propone varietà di ambienti
sonori e arrangiamenti ampi ed ariosi.
"Istasera un organitto" (Serenata
di inverno) è un altro grande episodio di un grande disco,
raccolto e delicato, in forma di acquerello musicale, ma con controtempi
e cori che richiamano alla tradizione. Alla tradizione delle ninne
nanne richiama "Ninna nanna da Anton'Istene",
che forse colpirà particolarmente chi è particolarmente
sensibile al tema, ma che sfido chiunque a riuscire ad ascoltarlo
mantenendo il ciglio asciutto e la mano ferma. E a non farsi trascinare
dalla voglia di chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dall'ammaliante
voce di Marisa Sannia. "Ninna nanna a cantare"
è invece sull'altro versante delle nanne, più vivace
e veloce, ma altrettanto dolce.
Ma nei 44'59" del disco non ci sono momenti bassi, l'ispirazione
non abbandona mai Marisa e, per paradosso geografico, i versi di
"Montanaru" e le trame dolci che intesse loro attorno
Marisa Sannia, soprattutto nella "Morte dell'elce", richiamano
i canti della terra di Gigi Maieron in quel capolavoro
che era "Si vif". Lingue diverse dall'italiano,
per sentimenti universali, contatto con la natura e abbraccio con
i ritmi della terra e con i suoi suoni. Il montanaro carnico e il
"Montanaru" barbaricino in alcuni estremi si toccano.
E ognuno di questi due dischi potra con sè il respiro della
terra e un suono che non è mai solo di una nazione o di una
terra, ma universale. Cinque stelle, due lune e un mare incantato
per un disco che incanta.
Marisa
Sannia
"Sa oghe de su entu e de su mare"
Free Records - 1993
Sul sito
e in qualche negozio
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aggiornamento: 01-07-2006 |