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Le BiELLE RECENSIONI
Claudio Lolli: "La scoperta dell'America"

Un disco di Lolli è come un bicchiere di Barolo! Indiscutibilmente buono
di Giorgio Maimone

Prima considerazione: c'è musica. Ci sono gli strumenti, ci sono gli strumentisti, c'è persino Lolli che canta: è un vero disco di canzoni! Seconda considerazione: ma davvero credete di venire su un sito che si chiama "La Brigata Lolli" e trovare una recensione obiettiva di un disco di inediti di Claudio Lolli dopo 9 anni? Allora avete sbagliato indirizzo: questa sarà una cronaca emotiva, sensoriale, partecipata ed anche in buona parte emozionata. Perché c'è un'emozione, una grande emozione quando si scopre un grande disco di un autore nuovo o anche già conosciuto: c'è stata, quest'anno per Capossela, per De Gregori, ma anche per Ettore Giuradei. E c'è un'altra emozione, ancora diversa, quando si ritrovano le canzoni di un vecchio amico.

Quando poi capita (e qui capita) che quest'ultimo disco sia anche un grande disco, il gioco di prestigiditazione è completo. Mandrake ha eseguito ancora con successo il suo vecchio numero e l'illusione è completa. Non ci resta che indossare ancora il costumino leopardato di Lothar e prestare le dovute devozioni al "maestro" ritornato. Claudio Lolli non se n'era mai veramente andato, ma aveva diradato (era stato costretto a diradare) le sue presenze negli anni '90, anni che gli sono appartenuti ancora meno dei degradati anni '80. Poi dal 2000 ha ripreso ad aumentare le sue presenze: "Dalla parte del torto" nel 2000, la riedizione degli "Zingari felici" con il Parto e "La terra, la luna e l'abbondanza" con Capodacqua nel 2003, "Rumore rosa" nel 2004 e "Via del mare" con Gianni D'Elia e Paolo Capodacqua nel 2005. Degno di un presenzialista!

Ora, a inizio 2006 arriva "La scoperta dell'America", album inizialmente destinato a un titolo più lungo, rimasto poi alla prima canzone, ossia "(il grande poeta russo) Majakovskij e la scoperta dell'America" sconsigliato dalla casa discografica che evidentemente non ama i titoli alla Wertmuller, ma che invece ha il pregio di sollecitare molto più la curiosità che non il titolo infine scelto. Di America si parla nel disco, spesso, quasi mai volentieri: non è un concept album come il "mitico" album del '76 "Ho visto anche degli zingari felici", ma senz'altro un'aria di unitarietà accompagna tutto il lavoro. Che, come già detto, è un grandissimo lavoro: fate conto un Barolo di ottima annata, ma di quelli tradizionali, non barricati; quelli che piacciono a Giorgio Bocca, forti come una schioppettata.

En attendent Lollì
Intervista

Come quei vini un Lolli nuovo va "stappato" per tempo, lasciato lì a ossigenarsi (e l'idea di Lolli coi capelli biondi può suscitare l'ilarità generale!), a decantare, a diffondere nell'aria i suoi aromi. Perché la caratteristica principale che distingue un Barolo da tutti gli altri vini è il sentore di petali di rosa leggermente appassiti, facilmente percepibile all'olfatto ed al palato e poi viola, ribes, rabarbaro, liquirizia, china, note speziate e quant'altro. Dopo averlo stappato, il Barolo, ma anche il disco di Lolli, va lasciato riposare a temperatura ambiente per alcune ore, prima di servirlo. Mettetelo sul piatto (Lolli) o nel bicchiere (il Barolo), lasciatelo girare indolentemente. Non cercate di capirlo subito: non è possibile, non è al suo meglio. "La scoperta dell'America" deve essere una scoperta anche per voi. Laciatevi cullare dal suo colore armoniosamente granato, dal suo goudron o "catrame", il profumo tipico dei "grandi rossi". Cercate di afferrarre soprattutto la musica. Poi verranno le parole.

E se la musica vi sarà piaciuta, e a me è piaciuta molto, il momento in cui arriveranno le parole sarà un'esplosione, sarà sublime, sarà gioia per il palato: dalla testa in gola, andata e ritorno, dallo stomaco alla testa, dal cuore ai piedi. Claudio ha scelto di non giocare in solitaria questa sua avventura ed ha imbarcato Gianni D'Elia per un testo ("Le rose di Pantani"), Ernesto dello Jacono per un altro testo ("L'eterno canto dell'uomo"), Salvatore di Siena e Amerigo Sirianni (Il Parto) per due musiche, come Pasquale Morgante e Paolo Capodacqua e per una canzone si è affidato in toto a mani esterne (per la prima volta) ma cascando un gran bene su Fabrizio Zanotti e Nicola Ricco ("Poco di buono"). Poi ci ha messo di suo.

E abbiamo quindi, almeno un capolavoro: "Bisogno orizzontale": "Certo che ho bisogno di te / del mare nero, criminale / Delle tue onde che mi piegano / in un gioco naturale // Certo che ho bisogno di te / carta da lucido e da giornale / E il mio bisogno di te / E' un bisogno orizzontale // Piego la scala, la scala / che abbiamo costruito / Piegale verso il cielo / oppure verso l'infinito // Mi basterebbe una lacrima / per lamentarmi del tuo dolore / E io te la leccherei / Come segno di pace e d'amore // Pensa se fosse l'America / con il suo sogno artificiale / e se noi volessimo ancora / farla stare male // Pensa a quella libertà impossibile / pericolosa e maniacale / e a quando eravamo liberi / a quel progetto verticale // Pensa che non ci sono più zingari / sulle sponde del canale / e che l'attimo fuggente è fuggito / con in tasca il capitale // Di una gioventù felice / e di un sogno da seminare /che è rimasto negli occhi dei tuoi figli / quando te li porti al mare // Certo che ho bisogno di altro / di una piazza almeno virtuale / di discorsi politici, frenetici / di uno scontro frontale // Ma mi piacciono anche / gli assalti laterali /quando si tratta delle tue gambe / dei tuoi sorrisi viriginali // Pensa se fosse davvero il mare / quella sembianza d'infinito/ e se avessimo appena cominciato /invece di avere quasi già finito // Quella fuga di luce / che ha espropriato il mio cuore / Pensala come vuoi / E' orizzontale il nostro amore // Certo che ho bisogno di te /ti sogno due volte ogni temporale / sempre preziosa / soprattutto con me / nel mio sogno originale // Certo che ho bisogno di te / altrimenti sarei normale / uno di quelli che non sanno cos'è / l'infinito del tuo organo genitale // Uno di quelli che non sanno cos'è / perdersi dentro una tenerezza / quelli che neanche a un cane bagnato / hanno fatto mai una carezza // Ma la fuga io me la vivo / con dispeerata dignità amatoriale / Certo che ho bisogno di te / E' il mio bisogno orizzontale"

Dovevo scriverla tutta: non c'era verso per esorcizzarla altrimenti. Per cercare di farla uscire almeno in parte da me, dopo che era penetrata così profondamente che nemmeno col migliore cavatappi riuscivo più a venirne a capo. Ma questa non è che una splendida, ammagliante, intrigante, inebriante canzone d'amore. Potremmo metterla sullo stessa lunghezza d'onda di "Sempre e per sempre" di Francesco De Gregori o della recente "Cardiologia". Ed è curioso come, passata la cinquantina, i grandi cantautori italiani, anche quelli che hanno praticato poco la canzone d'amore (possiamo aggiungrci anche Francesco Guccini con "Vorrei") decidono di tornare all'amore, al tema che per tanti altri è stato invece il punto di partenza.

Ma "La scoperta dell'America" non è tutto un disco sull'amore, anche se è un disco molto intimo e raccolto. Lolli stesso lo definisce come "un disco esistenziale". Ed esistenziale è questa America che scompare e compare tra le pagine del disco (scusate, ma un Lolli, oltre che degustato, va letto!). Un disco però dove il sociale non scompare sotto le pieghe del ripensamento: dove c'è rabbia ed indignanzione civile ("Il secondo sogno", ma anche "Le rose di Pantani" e soprattutto "L'eterno canto dell'uomo", omaggio ai 160 morti nel fiume di fango che quasi cancellò Sarno nel maggio '98) . C'è la epica "Poco di buono" che parla di guerra partigiana, la tenerissima "Piccola storia di un dio", musicata da Capodacqua e c'è il finale di "Medley con rumori rosa", un misto di poesie, con musiche di Capodacqua, Morgante (che è anche l'ottimo arrangiatore dell'intero lavoro) e Nicola Alesini, grande sassofonista e clarinettista sotto il cielo d'Italia.

Nel medley trovano posto, oltre alle poesie, una versione molto scanzonata, divertita e divertente, quasi calypso, de "I musicisti di Lolli" che faceva parte dell'ultimo disco del Parto e una nuova versione "unplugged" di "Bisogno orizzontale", ultimo vagito dopo un'ora di un disco che forse non segnerà un'epoca, ma di sicuro una nuova tappa nella vita di Claudio. E nella mia.

Claudio Lolli
"La scoperta dell'America"

Storie di note- 2006
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Ultimo aggiornamento: 09-04-2006

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