La
conferma di un incontro felice
di Silvano Rubino
Lo
aspettavamo, questo disco. E ci aspettavamo conferme, visti i precedenti.
Ci aspettavamo la conferma della felicità di un incontro
artistico, quello tra Lalli e Pietro Salizzoni, che aveva portato
alla nascita di un gioiello come “All’improvviso nella
mia stanza”, uno dei dischi migliori di questo ultimo scorcio
d’anni. “Elia” è arrivato, questa volta
firmato a quattro mani sin dalla copertina. Un modo giusto ed elegante
per sottolineare il lavoro a due che ha fatto nascere anche questo
lavoro.
E la felicità
dell’incontro è confermata in pieno. “Elia”
è di nuovo un disco pieno di fascino, un piatto di raffinata
fattura a cui contribuiscono ingredienti di prima qualità.
La voce di Lalli, innanzitutto. La conosciamo bene,
da tempo: calda, notturna, autentica, lontana anni luce dai virtuosismi
fini a se stessi delle tante emule di Mina, ma capace come poche
altre di valorizzare le parole, trasformandole in emozione.
Le parole,
appunto: nelle note di copertina sia testi che musiche sono attribuiti
al 50 per cento a Lalli e Pietro. Siamo, come in “All’improvviso
nella mia stanza”, su vette altissime di scrittura.
L’uso del termine poesia, quando si parla di canzone d’autore,
si spreca troppo spesso. Io in questo caso mi sento di non farmi
scrupoli a usarlo. Lalli (con la collaborazione di Pietro) scrive
poesie. Basta fare una prova. Leggete i testi di questo disco ad
alta voce: funzionano anche senza musica, sono testi compatti, scabri,
che stanno benissimo anche sulla pagina scritta, essendo totalmente
privi di facili effetti musicali (rime, assonanze, inversioni ecc.).
E non sto parlando solo della canzone che chiude l’album,
“Ruberò alle piazze”,
che canzone quasi non è, ma un recitativo, in cui la musica
è solo un tappeto tenue, un accompagnamento. Tutti testi
di questo disco sono poesie intimiste, pudiche, rarefatte, con un
uso attento, ragionato, trattenuto delle parole. Amore, amicizia,
memoria, con una straordinaria capacità evocativa, che fa
vibrare corde profonde. Rispetto al disco precedente c’è
una maggiore tendenza all’intimismo, al registro lirico. Meno
storie, forse, più memorie, più sentimenti.
Una scelta
che si ripercuote anche sulla parte musicale, l’ultimo degli
ingredienti di valore inseriti nella ricetta di "Elia":
sempre dominata dal registro acustico, ma con qualche spruzzata
jazz in più rispetto al disco precedente (con la tromba di
Giorgio Li Calzi a fare da elegante decoro).
Farei molta
fatica a fare una disamina canzone per canzone di questo lavoro.
Rischierei di banalizzare. E poi il disco vive di una grande unitarietà,
di un’uniformità di tocco rara. Quindi evito di scendere
nei dettagli.
Limitandomi
a consigliare vivamente questo disco a chi sa far silenzio, a chi
sa fermarsi a pensare, a chi non ha paura di ricordare, magari di
rimpiangere, a chi sa ascoltare (e capire) le parole.
Lalli
e Piero Salizzoni
"Elia"
Manifesto cd - 2006
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aggiornamento: 04-02-2006 |