Scenari
cupi e dolcezza struggente
di Elisabetta Di Dio Russo
Parole
come pugnalate nell’anima. Così si potrebbe descrivere
l’ultimo disco di Cesare Basile, il cantautore catanese tornato
a distanza di due anni dalla pubblicazione di “Gran Cavalera
elettrica” sulla scena musicale italiana con l’album
“Hellequin song”. Come era sucesso nell’album
precedente, Basile riaccarezza i temi cupi, talvolta spettrali che
caratterizzano il suo stile fosco, inconfondibile e lo marchiano
a fuoco.
Cantautore, bluesman, poeta, l’artista che è
al suo quinto album, riconferma la sua tendenza al minimalismo colto
e privo di inutili bardature letterarie.
Essenzialità dei ritmi, moderazione nelle esposizioni: 14
le canzoni che compongono “Hellequin song”,
14 feroci “poesie in musica” con cui lo spirito nebbioso
di Cesare Basile esce allo scoperto, affascinando, stregando, disorientando
l’ascoltatore, aumentando o diminuendo la tensione emotiva,
con ritmi e parole densi di fascino oscuro.
L’album si apre con una ballata crudele, “Dal
cranio” che introduce nel mondo dell'asprezza
poetica dell'autore ("Perché questo teatrino/ È
un massacro banale/ E lo scherno, il coraggio/ d'odiare dei vili
[...] E finire da solo in un fosso/ Con la faccia nel fango/ E le
risa a guardarti crepare"), per poi passare, subito dopo,
alla penetrante “Finito questo”,
un brano dalla melodia dolce ma dal testo forte.
Si ritorna al rock duro, che caratterizza in parte lo stile di Cesare
Basile, nella terza traccia, con “Fratello gentile”
in cui emerge l’istinto dell’artista per i concetti
spietati: “Massacrato di botte/ con il cuore spaccato/
per aver rovistato/ fra le cose e la vita/ e morire a occhi
aperti/ come muore/ un fratello gentile”.
Piena atmosfera blues per il quarto brano scritto ed interpretato
in inglese, “Odd man Blues”,
in cui l’artista dimostra di avere dimestichezza con i diversi
generi musicali che compongono il suo stile.
Le canzoni di Cesare Basile non sono facilissime all’ascolto,
i testi minimalisti che penetrano scombussolano e lasciano il segno,
hanno bisogno di un pubblico dedito all’introspezione. Ma
se l’approccio iniziale con le sue canzoni può essere
difficile, ancora più difficile è, dopo l’ascolto,
riuscire a staccarsi dai testi e dai suoni che riescono sempre a
sedurre fino a rapire l’ascoltatore.
La dimensione musicale in cui viaggia lo stile dell’artista
siciliano si rifà ad alcuni grandi musicisti internazionali
e ai grandi della letteratura, da cui attinge le sue riflessioni
e da cui trae l’ispirazione. Graffi esistenziali, tentativi
di esorcizzare la paura della morte, angosce istintive liberate
in un delirio di suoni e parole: Basile si esprime attraverso l’essenzialità
dei concetti e la durezza d’espressione.
Le sue storie contengono rabbia e amarezza esasperate o ammortizzate
dai suoni rock, folk o blues o dalla voce che si adatta facilmente
all’intensità emozionale di un testo o di un ritmo
e da calda e roca (Odd man blues) può diventare decisa e
violenta (Fratello gentile). L’album contiene molti pezzi
interessanti: “Il deserto” con
introduzione quasi felliniana, l’ottimo “Tema
di Laura”, la dolcissima “Stella
and the burning heart”.
Ottima prova quella di Cesare Basile. Unico peccato, seppur veniale,
le 5 tracce in lingua inglese: Cesare Basile infatti riesce a dare
il meglio proprio attraverso il suo linguaggio crudo e trasgressivo,
con le atmosfere quasi malsane rivisitate con acrimonia, dove i
testi arrotati con la purezza di chi sa giocare con le suggestioni
riescono a provocare rappresaglie nelle emozioni.
Cesare
Basile
"Hellequin song"
Mescal - 2006
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aggiornamento: 15-02-2006 |