Il
versante nobile della musica popolare. Da non perdere
di Leon Ravasi
Forse
non sarà sempre facile questo disco. Alcune escursioni dell'organetto
diatonico di Tesi nei territori percorsi anche da Casadei non sono
di rapida ed immediata digestione. Il confine tra kitsch e ricerca
etno-musicologica ogni tanto si fa stretto. Ma quando usciamo dal
solco della tradizione ad ogni costo (e qui capita spesso) si respira
a pieni polmoni l'aria nobile della migliore musica popolare. Sempre
lode sia all'iniziativa della Provincia di Bologna, della Regione
Emilia e Romagna e delle comunità montane del pistoiese (l'altro
versante del crinale dell'appennino bolognese, i territori, per
intenderci, cari a Francesco Guccini) che hanno avuto l'idea di
commissionare questo lavoro a Claudio Carboni e Riccardo Tesi che
hanno messo insieme un cast di tutte stelle. Per produrre un album
che resterà.
Se avete dubbi fateli svanire: basta sentire Ginevra Di
Marco, sempre brava, ma qui a livelli stratosferici, quando
intona le prime note di "Rispetti e dispetti",
rispondendo a pari livello al Maestro Maurizio Geri,
basta sentirla partecipare al lento svolgimento de "La
pesca dell'anello" o ancora rincorrersi in una
scala ebbra di gioia e felicità con Mastro Geri nell'emozionante
"Maggio di Granaglione" per
capire di avere speso bene i soldi. Ma non sta tutto in loro, per
quanto le voci siano parte determinante dell'opera: è il
lavoro d'assieme che vola su terreni alti e benedetti: una formazione
che allinea Riccardo Tesi all'organetto, Claudio
Carboni ai sassofoni, Maurizio Geri alla
chitarra (oltre che alla voce), Stefano Melone
al pianoforte, Nico Gori ai clarinetti, Marco
Fadda alle percussioni, Ettore Bonafé
al vibrafono e percussioni, Roberto Melone al basso
e voce e la già citata, stellare, Ginevra Di Marco
alla voce, se viene baciata in fronte dagli angeli della buona musica
il risultato non può che essere questo. Da non perdere.
L'idea che sostanzia il disco è dare nuova voce a un repertorio,
quello della musica popolare sviluppatosi sui crinali appenninini
emiliani e toscano, una tradizione che è tutt'altro che morta
e anzi costantemente rinnovata. "Grazie all'impulso del
folk revival degli anni '80 - scrivono Tesi e Carboni sul retro
di copertina - ed al lavoro appassionato e capillare di etnomusicologi
come Placido Staro, i suonatori tradizionali e i ballerini di queste
valli sono tornati in attività., facendo sì che l'immenso
patrimonio musicale e coreutico non andasse perso". "Proprio
grazie alla sua vitalità abbiamo deciso di affrontare questo
repertorio con atteggiamento creativo e volutamente non filologico,
ritenendo più onesto essere noi, musicisti di oggi, immersi
nella contemporaneità, con un forte amore e rispetto per
le radici e la memoria, ma allo stesso tempo liberi di interpreare
ed inventare fondendo i vari linguaggi".
Non ci sarebbe più nulla da aggiungere. Se non che gli scopi
enunciati qui sopra in teoria, trovano magnifica interpretazione
nei solchi del disco. Riferimenti? Se togliamo lo stesso Tesi, non
possono essere italiani. La memoria corre ai Pentangle o ai Fairport
Convention. O, per altra via, ai Tischlbong di Andrea Del Favero
e Lino Straulino. La stessa passione, la stessa cura, la stessa
voglia di innestare passato e presente, memoria e attualità
sul corpo robusto della musica popolare. Niente di convolgente,
intendiamo, non è avanguardia, non si ascolta Luciano Berio:
si ascolta della sana musica popolare, servita anche con strumenti,
ma soprattutto con un atteggiamento mentale che risente di altre
frequentazioni.
Fatta
salva la suite di "Balli antichi"
che apre filologicamente il disco, ma che non ne rappresenta di
sicuro il pezzo forte (tutto sommato scolastiche le riproposizioni
e "Romagna mia" sembra davvero dietro l'angolo), si arriva
a "Rispetti e dispetti" che
ha ben altra grinta e che è il vero primo pezzo di presentazione
di "Crinali", ossia musiche antiche con
nuove riproposizioni. "Giro di notte", "Nduf andé",
"Stornelli" e "Paso Doble" i quattro momenti
di "Rispetti e dispetti", tutti tradizionali riarrangiati.
Colpisce in particolare "Nduf andé"
cantato da Ginevra Di Marco. Spiegano le esaurienti note del libretto
che è una dondina (richiamo) che Maria Grillini
e le sue coetanee improvvisarono per invitare i ragazzi ad una veglia.
Segue, ed è già un pezzo forte "La
pesca dell'anello", riscritta da Geri e Carboni
su testo di Geri e Tesi, basandosi sulla falsariga de "La pesca
dell'anello", una delle più famose e delle più
antiche ballate italiche, raccolta dal Nigra. Sono 5'30" di
musica guidata dalla "voce da sapone di marsiglia"
di Ginevra Di Marco. Lenta e solenne come una suite, si dipana con
il ritmo del
fiume, rimandandoci ai tempi di "Jack Orion" dei Pentangle
o alla storia di Babbacombe Lee cantata dai Fairport. Magnetica.
Stacca, subito dopo, la "Suite di polke",
che sono tre: due tradizionali e una di composizione di Tesi e Carboni.
Gradevoli, soprattutto nel tempo di nuova composizione, che è
una variante della polka: la Scottish. Balli sull'aia e panni stesi
a sciorinare, danze in tondo e "changez la dame!". Spazio
ai ballerini. Perlomeno quelli del nostro cuore. "Tre
marinai", il brano successivo è ancora affidato
alla voce, questa volta d'alga, di Ginevra che ci canta
una ballata diffusa nell'Italia centro-settentrionale, ma con la
musica riscritta dai nostri. Lo schema è quello della favola
con le figlie da maritare. "Ma se campassi quattrocent'anni
/ se avessi figlie da maritar / al marinaio non l'avrei dar"
è la morale in fondo. Bella da brividi.
Di "Maggio di Granaglione" abbiamo
già parlato. E' il nostro pezzo preferito ed è un'elaborazione
sui temi dei "maggi" dell'appennino tosco-emiliano, quando,
appunto "a maggio, mese della fioritura, le compagnie di
giovani, uomini e donne, percorrevano ritualmente il territorio
chiedendo uova e lasciando in cambio auguri per la famiglia":
Maurizio Geri e Ginevra Di Marco sono perfetti, ma è
l'incalzare ritmico della canzone e l'entrata corale o articolata
degli strumenti (tutta l'orchestra è in gioco) a fare esplodere
di pura forza solare la canzone. Da sentire e risentire. Con un
brano del genere la pioggia non puà cadere e il sole è
destinato a ritornare. Potenza della musica!
Segue ancora la "Suite di mazurke":
due, pacate e sagge, sorella maggiori delle polke, più intimiste
e meno sfacciate, soprattutto la prima, "Tra veglia e sonno",
che bene esprime il tema del titolo. Ma è una breve pausa
musicale, perché è già pronta a scattare un'altro
dei pezzi forti del disco: i 6'05" della "Leggera",
ossia la manovalanza a termine assunta per le grandi opere o le
miniere, ritenuta inaffidabile e un po' malandrina, tanto che il
termine, in tanti dialetti del nord è passato tout court
a significare la delinquenza. D'altra parte basta sentire la "voglia
di lavorare" che esprime Ginevra... Il lunedì ho la
testa pesante, il martedì è il giorno seguente, il
mercoledì è giorno di ciucca, giovedì è
festa nazionale, "venerdì poi è un giorno
di passione e io che son cattolica non voglio lavorare. Sabato poi
l'è ultimo giorno, oh che bel giorno! Non voglio lavorà!".
E la domenica si aspetta il padrone che li venga a pagare, ma il
padrone si rifiuta e li caccia. Poco fa, tanto "noi siam
della Leggera e poco ce ne importa / vada sull'ostia la fabbrica
e il padron". Impagabile e resa benissimo sia dal punto
di vista orchestale che vocale.
Segue "Il tema di Viola" e la
"Ninna Nanna di Maria", Viola
è Viola Magnelli, figlia di Ginevra. Maria è Maria
Grillini, cantrice storica di Monghidoro (il paese di Gianni Morandi!),
che ha scritto una ninna nanna sul tema tradizionale della "malmaritata".
Delicata e sofferente. Credibilissima Ginevra come madre. "Dina",
"Al ventiquattro", "El
gaucho" e "La Lea"
portano il lungo disco verso la fine e l'inevitabile ripetizione.
Dina è una mazurka solo suonata, "Al ventiquattro"
è un lamento scritto ancora da Maria Grillini, "utilizzando
versi di cantastorie e ballate per costruire l'immagine della segregazione".
E' un brano tradizionale nel miglior lignaggio di brani di questo
tipo. Musica popolare d'alta classe.
"El gaucho" è un tango strumentale, omaggio a Carlo
Venturi, virtuoso della fisarmonica e prolifico autore di brani
di liscio. Con "La Lea" si chiude dopo oltre un'ora di
musica di altissimo livello. "La Lea"
che pure è un tradizonale sul tema classico del "Marito
giustiziere", diffusa in tutta Europa, è forse il brano
che più si stacca dagli schemi. Un finale di altissima intensità
e di corale presenza orchestrale. Ancora una volta un ponte ipotetico
con tutto il folk revival degli anni '70/80, soprattutto di matrice
britannica.
"Crinali" è un disco che va oltre
i crinali, che scollina, che sconfina: dall'Emilia alla Toscana,
dalla montagna al mare, dalla fiaba alla realtà operaia,
dalla musica popolare italiana a quella britannica. Ma sostanzialmente
è un grande progetto di musica vera, quella così bella
da non aver bisogno né di confini né di definizioni.
E' qui per essere ascoltata. E poi suonata. E ricantata ancora perché
nessuno se la scordi. Né noi, né i nostri figli, né
i figli dei nostri figli, perché Tesi e Carboni ci parlano
della musica che è nostro patrimonio, patrimonio comune dell'umanità.
Riccardo
Tesi-Claudio Carboni
"Crinali"
Feelmay - 2006
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aggiornamento:05-10-2006 |