Dvd
imperdibile e cd dal vivo per il disco dell'anno
di Leon Ravasi
Bel
disco questo di Cisco (anche per la rima!). Canzoni interessanti,
buoni testi, tematiche sociali e impegnate. E' un disco nuovo e
un debutto solistico, 14 canzoni tutte in grazia di dio, in un'offerta
musicale niente affatto avara, articolata com'è su 55 minuti
di musica. Abbiamo ospiti interessanti, voci fuori campo, inserti
in spagnolo e in inglese. Abbiamo Francesco Magnelli alla produzione,
le registrazioni all'Esagono di Rubiera, Cottica e Rubbiani tra
gli autori (e anche un certo Cohen, tradotto da David Riondino),
la voce di Ginevra di Marco, Massimo Giuntini, Massimo Ghiacci e
Riccardo Tesi tra i suonatori. Insomma c'è tutto quello che
ci sta in ... un buon disco dei Modena City Ramblers!
Il dubbio principale è questo. Se la proposta di Cisco è
così simile a come suonavano prima i Modena, come suonerà
il nuovo disco dei Modena, in registrazione dal fine agosto con
Davide Morandi E Betty Vezzani alla voce? E' vero che i Modena dicono
che l'uscita di Cisco è dovuta soprattutto a motivi personali,
senza rancori o dissapori, ma qui siamo a commentare un disco che
è più targato "Mcr" di quelli degli Mcr
stessi! Se le scelte artistiche e politiche erano le stesse, perché
scegliere di separarsi? Non lo so e ho deciso di ignorare il problema
e di procedere con l'ascolto del disco.
Che è un bel disco, ripeto, anche se , riproducendo i pregi
dei lavori dei Modena, ne riproduce pure i difetti. Soprattutto
una certa ingenuità di fondo, percepibile nei testi, che,
per quanti sforzi faccia, riemerge sempre. Devo dire che anche gli
inserti parlati dei "testimoni del nostro tempo" oramai
hanno stancato e se ne potrebbe fare a meno senza rinunciare a una
sola oncia di valore artistico. Ma sto perdendo tempo e sembra quasi
che ne voglia parlare male di questo disco, di cui l'unica cosa
veramente negativa resta la copertina, anzi, la sopracopertina che
vedete riprodotta qua sopra e che è di rara bruttezza (dato
peggiorato dal fatto che la copertina del libretto interno e i due
retri di copertina sono belle immagini).
Entriamo nello specifico: la maggior parte dei brani è dotata
di una buona carica di suggestione e la voce di Cisco è sufficientemente
magnetica per catturare l'attenzione. Le musiche sono belle e il
disco suona acustico in modo appropriato, con attenzione a diverse
fonti musicali, in particolare etniche: da component latioamericana
ad altre di matrice irlandese e ancora italiane. Uno dei dati da
segnalre è che comunque, nella varietà dei timbri,
il disco suona unitario. Cosa che difficilmente succederebbe in
un disco d'esordio, senonché Cisco è all'esordio solo
per modo di dire. Convincono un po' meno "Eroi,
superoi" e "Zelig",
le due canzoni in cui Francesco Magnelli interviene coi suoi "magnellophoni",
dando all'insieme un'aria inutilmente elettronica che ricorda "Popcorn"
di Crazy Frog.
Dove invece Cisco riesce meglio? Quando più si avvicina al
suo passato, quando percorre strade melodiche che già aveva
segnato coi Modena e che qui ritornano in un mood più intimo
e pacato: un approccio interiore. Cosiì abbiamo pezzi di
grande fascino come "Diamanti e carbone",
scritta con Giovanni Rubbiani e accompagnata all'organetto
da Riccardo Tesi, dalla tenue introduzione di piano,
"dedicata a chi ha sogni e ideali da proteggere dalla voracità
del mondo". Sulla stessa onda "Tina",
opera del solo Bellotti e dedicata a Tina Modotti, rivoluzionaria
e fotografa e musa dell'immaginario collettivo di tutti noi (anche
per le magnifiche foto nuda che le fece Edward Weston).
Funziona molto bene anche il "mantra" iniziale, "Come
se il mondo", scritta con l'altro ex Modena Alberto
Cottica. Lenta e ipnotica e contemporaneamente molto carica.
La frase che dà il titolo alla canzone "Come se il mondo
finisse stanotte" è ripetuta non meno di venti volte,
ma il risultato è raggiunto. Intimità e tensione,
disequilibrio e crinale alcolico, rifugio e notte scura. Un pezzo
che funziona. Come pure la densa e percussiva "Terra
rossa", canzone che cattura, dedicata com'è
alla terra: "nella terra sono le nostre radici, sulla terra
viviamo e con la terra ci ricongiungeremo". Delicatissima la
finale e chitarristica "Questo è il momento":
un congedo, il disco è finito, la serata anche, un bicchiere
in mano e il valzer degli addii. Appropriata.
Per chiudere coi pezzi "forti" c'èancora da citare
"A volte", che ha un inciso
che ricorda forse un vecchio pezzo di Endrigo, ma nonostante ( o
proprio per) questo è una bellissima canzone, con un testo
intelligente e preceduta da una frase introduttiva come questa:
"Se comprendere è impossibile, conoscere è
necessario" di Primo Levi. "Quando l'ultimo sopravvissuto
ai campi di sterminio morirà, la testimonianza e il ricordo
dell'orrore accaduto passerà agli alberi di quei luoghi.
Come le piante di Birkenau che in polacco significa letteralmente
campo di betulle". Una magnifica testimonianza.
Piccoli cenni ancora alla bellezza del libretto (dove i testi avrebbero
però dovuto essre meglio leggibili, perché meritano
e perché ogni canzone è preceduta da una frase introduttiva
che spiega il clima che si vuole creare (bonus!). Citiamo anche
la divertente "Best", dedicata
al calciatore George Best, classico mito deteriore, morto alcolizzato
dopo essersi sputtanato una carriera ai vertici. Classico compagno
della "cattiva strada". Segnaliamo anche la retorica delle
scrittore Sepulveda, che serve come spunto per una buona canzone
come "Venite a vedere", dall'impianto
un po' troppo scontato. Degna la versione di "Sister
of mercy" di Cohen, tradotta da Riondino. Insomma
un disco più che buono che ci lascia anche ottime speranze
per il futuro, una volta presa un po' di più la distanza
dagli stilemi Modena City Ramblers, snelliti gli orpelli e rinnovate
le passioni e le figure del mito. Ma di dischi del genere continua
a essercene un grande bisogno!
Vinicio
Capossela
"Nel niente sotto il sole"
Warner Music Italia- 2006
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aggiornamento:08-12-2006 |