Il
ritorno della (pensante) leggerezza
di Silvano Rubino
“Non
ho lavoro, quindi non ho paura di perdere il lavoro”. E’
il sillogismo un po’ disperato di un dogsitter protagonista
della canzone che ha fatto da singolo al nuovo album di Pino Marino,
Acqua, Luce e Gas. Al contrario, mi pare che Pino Marino un lavoro
ce l’abbia, eccome, seppure si tratti di un lavoro che in
Italia è pieno di incertezze e difficoltà. Quello
di cantautore. Questo terzo disco è una conferma: conferma
di un sicuro talento, conferma di uno stile personale, di un approccio
originale e ormai collaudato.
Tant’è
che ci tocca sottolineare di nuovo la dote principale di Pino, la
leggerezza, che è poi solo apparente, vale a dire che non
ha nulla a che vedere con la superficialità. A Pino piace
nascondere dietro un velo di ironia, di umorismo trattenuto, messaggi
anche di un certo peso. Pino sa scrivere e usa la penna con una
spiccata tendenza al sottrarre, più che all’aggiungere.
Sfugge alla retorica, alle tinte forti, si affida all’intelligenza
del suo ascoltatore per far decifrare i suoi reali pensieri.
E’ bello,
questo disco, anche se non folgorante come “Non bastano
i fiori” (ma forse perché quello per me era
stato il momento della scoperta del Pino Marino style). Di questo
lavoro si può forse dire che, rispetto al precedente, ha
meno ammiccamenti verso il surreale nei testi, nel complesso una
maggiore sobrietà e qualche nota amara in più. Lo
stesso singolo che lo ha preceduto, “Non ho lavoro”.
è sì un brano vestito di ironia con il gusto del gioco
di parole tipico di Pino, ma che sottintende una critica sociale
forte.
Lui non è uno che ama i messaggi troppo espliciti, ma certo
non si nasconde dietro un dito: “Fatto una volta,
fatto per sempre” è un esempio di come
si può fare una canzone politica senza diventare declamatori,
a partire da una bella citazione di Rafael Sànchez Ferlosio
(“la voce più misera/spesso diventa la più
autoritaria/ perché non potendo esser compresa/ le resta
soltanto d’essere obbedita”). Anche “Lo
strozzino” ha tutta l’aria di un divertissment,
ma poi non lo è così tanto...
Poi ci sono
le canzoni più intimiste, dove l’ironia cede il posto
alla malinconia trattenuta, alla poesia fatta di piccoli lampi di
immagini, di accostamenti e metafore ardite. E il talento di Pino
con la penna, in questi casi, si unisce alla sua capacità
di vestire il tutto su tappeti musicali tenui, accattivanti il giusto.
Gli arrangiamenti sono eleganti e raffinati, minimalisti ma evocativi,
con spruzzate di archi a regalare squarci sognanti.
Un po’ alla Tiromancino, per intenderci:
guarda caso Andrea Pesce dei Tiromancino è
l’altra metà artistica di questo disco, coproduttore,
coarrangiatore e anche autore delle musiche di tre brani. Ultime
notazioni: apre il disco una canzone non inedita, “Qualcosa
che non cambia il mondo”, che era contenuta
già nell’album d’esordio “Dispari”.
Ottima scelta, a un gioiello così andava allungata la vita.
In chiusura, invece, un omaggio a Giorgio Gaber,
“Lo shampoo” quasi irriconoscibile,
lenta e jazzata.
Pino
Marino
"Acqua, luce e gas"
RadioFandango / Nunflower - 2006
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aggiornamento: 04-02-2006 |