2014. Il
futuro è prossimo, ma ormai irrimediabilmente compiuto.
Una linea nervosa di tecno si congiunge alla melodia del ventesimo secolo.
Rosybyndy è il suo profeta. Guru dell'elettronica, melodista
insoddifatto, frustrato occupatore occulto di hit parade in incognito?
Il risultato è una tecno-melodia che occupa gli spazi lasciati
liberi da una deleteria concezione della musica come divertesseiment.
Qui le note sono stridenti, rimbombate stalattiti di un malessere diffuso,
quello di un'Italia fin de siecle talmente squallida nella sua classe
politica e
intellettuale da assumere come "carta d'identità" le
"fattezze" di uno dei suoi rappresentanti più inutili.
Oggi, nel 2014, Rosybyndy, è la memoria storica di un'insofferenza
diffusa, di una banalità continua che diventano, loro malgrado,
eroismo e ribellione.
È l'immagine agli "antenati" di una schizofrenia bastarda
che lascia tracce di necrosi culturale che diventano importantissime
in una reiterazione di sintomi/simboli/eiaculazioni di un secolo sfatto
e morente.
Le "eskoryazyony" sono profonde ferite dell'anima, oppure
- se lo volete - bit iniettati in una coscienza mai doma, fratturata
piuttosto, sconquassata da un'imbecillità perenne che ha contraddisinto
il decennio 1995-2005.
Rosybindy-piergiovanni è, allora, la cattiva coscienza di altrettanta
cattiva politica culturale, il rifiutare d'impatto tutto il mondo lustro
e
famigerato dell'airplay concenzionale, della convenzionale canzone d'amore,
della sbuldricata e reititiva canzone di protesta.
Ma qui c'è tutto - come preso da un archivio dell¹anno che
verrà: la beffarda e noncurante contastazione che siamo tutti
andati a farci fottere
nella "piccola morte chiamata sonno", e che ormai si vendono
i micro film con traccia dell'ultimo (consapevole?) audio di un'umanità
demente che mai seppe capire, come "perle di pioggia di supermercati"'.
C'è il sesso che ormai è abituato a sapori sintetici,
sia perché annusato solo in pellicce "senza vento"
o plastificato in quel massimo della demenza industriale per fanciulli
che fu la creazione di due bambolotti come Barbie e Big Jim. Un mondo
di plastica per la fine di un mondo alla fine o per cronache dell'ultimo
millennio.
Ma il cuore è macchina pulsante e la melodia vuole ancora farsi
breccia in questa ultima Thule della speranza: vuole ancora ricordare
sprazzi di un passato in cui tutto ciò che ci muoveva non era
sintesi di anima. La musica, ossessiva, rincorre ironie per cui Napoli,
Alberto Sordi, Totò sembrano, poi, essere, alfine, gli unici
simboli da salvare dal crollo di un secolo demenziale.
Al di là del tutto un'opera tragica e rigorosa nella sua spietata
concezione della quotidianeità, un disco che che non può
non stupire, un cazzotto pieno e potente fra "l'aorta e l'intenzione",
affinché tutto quello che c'è stato rimanga, sì,
come speranza, ma, soprattutto, come monito per un "testamento"
che, davvero, nel 2050, vedrà, comunque, 49.000.000 di italoeuropei
incazzati che, magari, contro tutto e contro tutti, continueranno a
cantare nannìprofumiebalocchianemaecorelunarossaerbarcarolo.
Perché, poi, al di là dell'ossessivo ritmo di un cuore
artificiale, rimane, sempre, il muscolo di chi poi, musica e testi,
li ha composti davvero.
Metttendoci dentro disillusione, angoscia, rabbia, e, sempre e comunque,
tanta speranza.
luigi "rosybyndy"
piergiovanni nato a romapolis nel 2010 nell'eurolandia meridionale,
fin da piccolo si appassiona alla conoscenza di un'antica arte chiamata
"musica".
durante una gita collettiva planetaria scopre, in un vecchio magazzino
abbandonato di kabultown nel u.s.a.i. (stati uniti d'asia inferiore),
dei vecchi elettrodomestici sonori denominati tastiere, expander, campionatori
etc.etc., con i quali ricostruisce atmosfere e suoni del passato in
un micro-microchip audio intitolato "eskoryazyony karmyke".