Testi e musiche di Massimo Bubola, tranne “Analogico
digitale” testo e musica di Massimo Bubola e Beppe Grillo
Prodotto
e arrangiato da Massimo Bubola e Simone Chivilò
Massimo
Bubola
"In alto i cuori" Eccher Music - 2013 Nei negozi di dischi
e sulle piattaforme digitali
Tracklist
01
Hanno
sparato a un angelo
02
Un
Paese finto
03
Cantare
e portare la croce
04
Al
capolinea dei sogni
05
Lacrime
parallele
06
Analogicodigitale
07
A
morte i tiranni
08
Tasse
sui sogno
09
Una
canzone che mi spacca il cuore
10
Ridammi
indietro
11
In
alto i cuori
Va
bene l’affidabile impasto folk/rock, va bene denuncia &
poesia come da migliore impronta cantautorale, va bene la rodata
Eccher band di supporto, e va stra-bene qua e là persino
un certo clima da caligine blue(s), ma a conferire taglio, passo
e spessore aggiunto a un disco coi contro-fiocchi è soprattutto
la voce. Che anse, che pieghe, che rimandi si occultano nella (oltre
la, dietro la) timbrica di Massimo Bubola.
Qualcosa che ha a che vedere in maniera intrinseca coi diavoli e
le farfalle (la citazione non è casuale, chi ha da capire
capirà), i segreti trasparenti (idem come sopra). Qualcosa
di materico, di profondo, di angelicato e di notturno insieme. Un
ibrido coheniano-deandreiano, rimando ad abissi, richiamo a giardini
lussureggianti, a deserti, ad altrove, che cattura, suggestiona
comunque.
E’ da “Segreti trasparenti” (2004) in qua che
Bubola lavora sul suo modo di cantare e la sua voce, divenuta magnetica,
quasi altro da sè. Finanche in un disco che per tematiche
sembra una costola (più dark, però) di “Storie
d’Italia” (il cd dei Gang supervisionato dallo
stesso Bubola nel 1993), il modo di cantare buboliano ingerisce,
e incide sull’insieme in senso metafisico (“Lacrime
parallele”), assegnando corpo e trasversalità
a ciò che dice (per intenderci: niente slogan e nemmeno precetti
da cantautore antagonista).
Vengo
alle tracce a sostegno del discorso: undici stazioni come grani
di un rosario sulla decadenza, come il focus sfaccettato su una
Nazione per gran parte post e sub umana, dove niente è più
vero del falso (“Un Paese finto”),
dove il grado zero della civiltà è commisurato al
naufragio dei sogni.
Scippati (“Hanno sparato a un angelo”,
ispirata all’omicidio di Zhou Zeng e della figlioletta di
nove mesi Joy. A Roma, lo scorso anno), smarriti (“Cantare
e portare la croce”, “Al capolinea
dei sogni”, bilancio luci-ombre di una generazione),
soppressi sul nascere, in una surreale (non fosse drammaticamente
autentica) miscela di neo-gabelle e antica follia (“Tasse
sui sogni”).
E se “A morte i tiranni” parrebbe
ri-esumare prurigini combat folk, le rarefatte “Una
canzone che mi spacca il cuore” e “Ridammi
indietro” ri-conducono il discorso al topos
della poetica di Bubola, quello più evocativo.
Alla traccia n.6 della scaletta (“Analogicodigitale”)
non ci può nemmeno Beppe Grillo a radicalizzare il clima
come si deve. Sette minuti e spiccioli di blues-capolavoro redatti
dal leader Cinque stelle (a quattro mani con il cantautore), dove
la cultura arcaica e quella attuale fanno a botte, diventano pretesto
di antinomia ontologica, di un discorso sull’aut-aut.
L’estremo appello resistenziale del cd è affidato,
in ultimo (non a caso: è una specie di messaggio nella bottiglia)
alla title-track che - per metterla giù in soldoni e parafrasare
- invita, malgrado tutto, al coraggio, alla tutela di uno stato
accettabile di veglia.
Del (compatto) impianto sonoro ho già detto. Ballate in alternanza
di folk-country-rock-blues (come se niente fosse) per un album che
conferma Bubola post-poeta della canzone di contenuto: un occhio
al qui e ora degli eventi un altro al cielo della meta-letteratura,
stra-ordinario scrittore di racconti per musica e parole. Per quanto
mi riguarda - e riguarda la ballata d’autore - il 2013 non
poteva cominciare in modo migliore. Davvero un disco da applausi.